Educazione ai valori: nasce il campo scuola degli alpini piacentini
Un campo scuola dedicato ai ragazzi e alle ragazze delle scuole medie tra i 10 e i 14 anni: l’idea è stata lanciata dall’Associazione nazionale alpini, sezione di Piacenza.
“La leva militare non c’è più – si legge nella nota di presentazione del campo scuola – la società fin quando procederà su valori effimeri, di esaltazione dell’immagine, non produrrà ricambi di uomini e donne pronti ad impegnarsi per la collettività. Per questo abbiamo deciso di ricominciare dai più piccoli, dalle generazioni pronte ad assorbire i nostri valori per formare i futuri volontari della Protezione civile”.
Gli alpini piacentini organizzano il primo campo scuola per ragazzi
Quest'anno il motto dell'Adunata sarà "Alpini, portatori di Speranza". Un motto che riecheggerà soprattutto nei tanti striscioni che accompagneranno le quasi dodici ore di sfilata per le vie della città. Lo striscione sezionale.
Ma ci saranno anche cori e fanfare ad allietare i tre giorni ufficiali dell'evento. Il territorio biellese è poi denso di cose da fare e da vedere. Un'occasione per non mancare e scoprire un angolo del Piemonte che spesso non rientra nelle rotte canoniche del turismo. La nostra Sezione si sta preparando a partecipare al meglio con Alpini, Aggregati e Amici di tutta la nostra provincia.
Già dal 1914 alcuni pianellesi si impoverirono a causa della guerra; si trattava di chi, nel periodo estivo, lasciava le proprie case per andare a lavorare all'estero, in quegli stati dove era già iniziato il conflitto.
Da subito il Comune di Pianello ha voluto aiutare questi cittadini in difficoltà iniziando a programmare una serie di opere pubbliche.
Subito si partì con i seguenti lavori che già a settembre erano stati terminati:
- costruzione di due rampe di accesso alla nuova strada di Roccapulzana, nei pressi di Case Gazzoli, per metterla in condizione di essere aperta al pubblico;
- riparazione del muraglione di difesa della piazza del mercato bovino, rotto in diversi punti da recenti piene del torrente Tidone.
Il geom. Domenico Schiappacassi ha inoltre predisposto un progetto per la generale sistemazione del muro a sostegno della piazza ed un altro per la costruzione di altre tre Cappelle nel Cimitero di Pianello. La giunta comunale ha inoltre fatto pressioni alla Provincia di Piacenza per partire con il progetto di risistemazione del ponte sul Tidone; si è anche interessata al progetto di costruzione del campo di tiro a segno. Il 10 giugno 1915 verranno collaudate le tre nuove cappelle costruite dalla Cooperativa Muratori di Pianello.
All'Ing. Carlo Astorri venne invece dato l'incarico di progettare una strada di ciconvallazione, opera che ha trovato difficoltà negli accordi sui prezzi con i proprietari dei terreni da occupare che si sono potuti risolvere solo nel settembre 1916. Il mutuo necessario venne accordato solo nell'agosto del 1917 ma la fine della guerra arrivò prima dei fondi. La situazione della disoccupazione si aggravò ulteriormente con il ritorno dei reduci e si dovette forzatamente iniziare i lavori per dare occupazione ai pianellesi tornati dal fronte.
L'amministrazione comunale, per trovare i fondi per finanziare le opere, non potendo contare sull'aiuto dello stato, dovette ricorrere alle tasse. I problemi a cui far fronte erano tali che, nel 1919, si chiese alla Provincia di poter applicare tassazioni di famiglia superiori ai limiti indicati dal regolamento allora vigente.
Assistenza alle famiglie dei richiamati
Pochi giorni prima dello scoppio del conflitto, ci si poneva il problema di aiutare quelle famiglie che, con la partenza dei soldati per il fronte, si sarebbero trovate senza un sostegno concreto. Si decise di mettere a disposizione della Congregazione di Carità un certo capitale per le famiglie bisognose dei soldati al fronte; si chiese quindi un prestito di 5000 lire al Dott. Alessandro Cassi allo scopo di provvedere all'erogazione di soccorso alle famiglie bisognose dei richiamati alle armi.
Esisteva anche una scuola ricreativa che funzionava per i figli dei richiamati. A dirigerla era l'insegnante Anna Repetti, che cercava di trasmettere il suo grande spirito patriottico ai fanciulli affidati alle sue cure. Teneva in aula un quadro con le fotografie dei suoi ex-alunni Caduti e ogni giorno, in loro onore, faceva cantare l'inno "Salve! Salve, eroi della Patria!"
Assistenza ai profughi
Dopo la rotta di Caporetto del 24 ottobre 1917, ai primi di novembre anche a Pianello arrivarono i profughi di guerra; ne arrivarono 193, almeno in parte da Castel Tesino in provincia di Trento. Furono sistemati in alcune strutture quali il "torrone" e il salone parrocchiale, oltre che nella casa chiamata "l'ospedale" di via Buroni e presso alcune famiglie sia in paese che nelle frazioni.
Anche in questo caso il Comune contribuì con dei fondi e per i più bisognosi venne fatta una raccolta di indumenti e furono acquistate delle scarpe.
I profughi restarono in paese fino dopo la fine della guerra, alcuni vi trovarono anche la morte a causa dell'epidemia di spagnola. La loro cura era affidata al medico condotto Dott. Quintino Fiori.
Il 31 dicembre 1919 il consiglio Comunale ritenne di dover elargire la somma di lire 1000 per quei profughi giunti da poco in Italia, ovvero alcuni bambini viennesi che avevano bisogno di essere assistiti in tutto.
Enti assistenziali
Il Comune operava la propria assistenza per mezzo di appositi Enti accanto ai quali agivano le Associazioni Religiose della Parrocchia.
La Congregazione di Carità, già esistente prima della guerra, si occupava delle famiglie bisognose utilizzando le risorse messe annualmente a disposizione dal comune. Nel 1916 e nel 1917 questo non fondo non fu più sufficiente per affrontare i bisogni delle famiglie, tanto che la congregazione dovette chiedere un'assegnazione supplementare.
Il Comitato di preparazione civile nacque durante la guerra per coadiuvare il Governo nell'assistenza alle famiglie dei richiamati e alle famiglie povere dei militari di leva. Già nel 1916 aveva elargito sussidi e acconti di pensioni, aveva espletato pratiche per fare ottenere pensioni e si occupava di dare informazioni sulle sorti dei combattenti. Solo nel novembre 1917 ne verranno scelti i membri nominando un capofamiglia per il capoluogo e uno per ciascuna delle principali frazioni. Erano anche i cittadini stessi a fare donazioni a questo ente. E' da ricordare per la sua generosità il medico Dott. Quintino Fiori che ha rinunciato alla vacanza annuale donando la metà del compenso per la supplenza al comitato. Il dott. Fiori fu anche consulente legale del Segretariato del soldato di Pianello. Dal momento che però le donazioni spontanee non furono molte, il Comune deliberò di imporre ai contribuenti che già non l'avevano fatto di dare un contributo straordinario a favore del comitato. Dal momento che comunque il bisogno era sempre maggiore, il Comune mise in vendita alcuni oggetti fuori uso per trovare nuovi contributi per il comitato.
La Compagnia delle Dame di Carità di San Vincenzo de' Paoli esisteva a Pianello dal 18 giugno 1898 con la missione di esercitare la propria carità facendo visita ai bisognosi al loro domicilio e portando loro sia doni materiali che il proprio sostegno morale. Le Signore Dame operarono molto durante la guerra a favore delle famiglie bisognose, anche quelle dei profughi.
Le associazioni delle Madri Cristiane e delle Figlie di Maria confezionarono calze e maglie di lana per i soldati e per i profughi.
Alla guida delle associazioni parrocchiali c'era l'Arciprete Don Giuseppe Castagnetti, futuro fondatore della Pia Casa.
L'annuncio della vittoria
Il 4 novembre 1918 la notizia dell'armistizio arrivò attraverso il telegrafo e fu comunicata dal capostazione, subito le campane della Parrocchia suonarono a festa. Ci si precipitò per confezionare due bandiere tricolori da esporre sul campanile e al balcone del Municipio. Mancando la tela verde si utilizzò la fodera di un piumino. Molta gente si riversò per le strade del paese formando spontaneamente una sorta di corteo che girò fino a notte tarda per festeggiare la pace e la vittoria. La maestra Repetti presa dai sentimenti patriottici fece un discorso alla folla.
Giuramento
Primavera 1918: giuramento delle truppe accantonate a Pianello
Bibliografia
D. L. Molinari, Pianello Val Tidone e la prima Grande Guerra (1915-1918) - Tip. Maserati, Piacenza
Durante la Grande Guerra nella zona erano dislocate numerose strutture militari. Tra Gossolengo e Rivergaro vi era stanziato l'Ispettorato Reparti Speciali d'Istruzione che nell'aprile del 1918 contava una forza di 12000 uomini. Dopo che fu sciolto si costituì il Deposito speciale di Istruzioni con circa 2000 uomini e la sede del comando sempre in comune di Gossolengo. Era presente anche la Scuola di Perfezionamento per Tiro d'Artiglieria poi smantellata nel 1918. Erano inoltre presenti almeno fino al luglio 1918, con circa 3000 uomini, la Direzione Lanciafiamme e la Compagnia speciale X.
Campo di prigionia
Dopo la rotta di Caporetto nella zona furono accolti numerosi sbandati e prigionieri italiani considerati disertori perché non erano ritornati in tempo ai loro reparti dopo una licenza. Restarono nella zona fino al 15 agosto 1918 quando furono trasferiti al sud. Nel frattempo erano giunti nella zona anche alcuni prigionieri di guerra che restarono fino all'ottobre 1918.
Il 5 novembre 1918 arrivarono invece gli ex prigionieri italiani che prima di poter tornare a casa furono ammassati in alcuni centri di raccolta per poter essere interrogati. Approfittando di una serie di strutture preesistenti si costituì proprio a Gossolengo uno di questi centri.
Gli ex prigionieri in questi campi trovarono delle condizioni di vita difficilissime, con cibo insufficiente per tutti e mancanza di un posto da dormire, in quanto gli aiuti mandati erano insufficienti per i numerosi soldati presenti. Alcuni vagavano per le campagne in cerca di cibo.
Le Memorie storiche di Gossolengo così ricordano:
"La strada da Piacenza a Gossolengo sembrava una processione continua notte e giorno. Questi poveri uomini avevano un aspetto triste e macilento avevano fame, freddo, erano malvestiti e stracciati. Di militare chi aveva solo il berretto, chi la giubba, chi i soli calzoni, chi più nulla. Qui giunti non trovarono nulla per alloggiarli, né per ristorarli perciò si sparsero per il paese bussando alle porte chiedendo un po’ di pane polenta o qualche altra cosa da mangiare, ma come si poteva dare qualche cosa se anche i civili erano tutti tesserati, ossia era misurato a tutti il pane? Allora questi poveri affamati si sparsero nella campagna in cerca di qualche frutto. Li videro raccogliere patate crude o pomodori abbandonati dagli agricoltori e divorarli avidamente. Ogni giorno arrivavano nuovi prigionieri e tutti nelle stesse condizioni, dopo qualche giorno il governo mandò carri di pane e fortunati i primi che li poterono assalire e sfamarsi! Così ogni giorno un certo numero abbastanza rilevante restava a bocca asciutta per la quantità di pane insufficiente. In un giorno nel quale risposero all’appello 24.000 soldati non arrivavano che 20.000 razioni di pane. Successivamente il comando mandò paglia per coricarsi e tende sotto cui ripararsi dalle intemperie e dal freddo. Poi si costruirono baracche di legno sul greto del Trebbia ed arrivarono non solo pane ma carne, minestra, abiti, scarpe, coperte e tutto quanto era necessario. Allora Gossolengo sembrava uno di quei paesi occupati dall’esercito nella ritirata di Caporetto! Non c’era una famiglia, una casa, che non ospitasse soldati e ufficiali"
Anche gli alti comandi si resero conto della situazione e tra il 20 novembre e il 7 dicembre il generale Ugo Sani fece alcuni sopralluoghi nei vari campi esigendo alcuni miglioramenti. Ispezionò il campo di Gossolengo il 23 novembre quando erano presenti più di 45000 persone sul greto del torrente giudicandolo igienicamente negletto. Sembrava un vero campo di prigionia con i carabinieri tutti attorno con i fucili con la baionetta innestata e con gli ufficiali appartati dalla truppa. Nonostante il freddo intenso dopo giorni non veniva ancora distribuito il rancio caldo e c'era una coperta ogni due soldati. Sani diede subito ordine che si cambiasse forma perché non si trattava di prigionieri pericolosi ma di soldati sui quali si doveva svolgere qualche indagine senza ledere la dignità di uomo e di soldato. Ordinò che da un accampamento si passasse alla costruzione di baraccamenti con l'uso eccezionale delle sole tende alpine e che gli ufficiali vivessero con la truppa. Una grossa problematica erano i mezzi di trasporto e di comunicazione, così Sani ordinò l'invio di almeno altri tre plotoni di telegrafisti e due autosezioni; inoltre chiese l'aumento della razione di pane da 400 a 600 grammi e sollecitò l'invio di 8 autovetture.
Per velocizzare la fornitura dei viveri venne spostato a Piacenza il personale per un magazzino viveri, con l'arrivo poi della seconda e della quarta divisione di Cavalleria si aggiunsero quattro magazzini: a Gossolengo, Cadeo, Fiorenzuola d'Arda e Gragnano mentre il panificio di San Sisto (Piacenza) garantiva 3500 razioni giornaliere. Al centro di Gossolengo vennero fornite 23.000 serie di vestiario, comunque insufficiente. Si erano però costituite delle casse sussidiarie che fornivano i fondi occorrenti e cambiavano la valuta austriaca. Dal campo furono spedite circa 300.000 cartoline in franchigia anche se ne furono richieste due milioni.
Alla data del 25 novembre il campo disponeva di 78 autocarri, uno per i telegrafisti e un'autobotte. Inoltre erano disponibili per il trasporto degli infermi 13 autoambulanze, 8 autovetture, 3 motocarrozzette, 4 motocicli, 10 biciclette e 100 carri.
Il ricovero degli infermi era garantito negli ospedaletti da campo di Settima, Gragnanino e Pontenure oltre che nella rete ospedaliera già esistente.
Il servizio igienico profilattico bonificava 1600 uomini al giorno mentre i vestiti abbandonati erano disinfestati dall'Ospedale militare di Piacenza. Nel campo c'era una squadra disinfettori con calce e disinfettanti, una stufa Gianolli e tre stufe botti.
Al 29 novembre erano ancora presenti 47582 ex prigionieri di truppa e 943 ufficiali. Nonostante i miglioramenti i soldati erano debilitati dalla fame e più esposti alla spagnola e alle altre malattie, numerosi soldati vivevano ancora nelle tende Bucciantini e il numero di soldati che tornavano in licenza era sempre inferiore ai posti disponibili sulle tradotte a causa dei ritardi nella predisposizione dei documenti necessari. Solo a Natale il campo di Gossolengo andò via via sfollandosi e chiuse definitivamente il 15 gennaio 1919.
L'ospedale da campo
A Settima di Gossolengo era presente l'ospedale da campo da 100 letti N.152 poi trasferito in Francia e sostituito negli stessi locali dal n° 005.
Bibliografia
Montella F. - Prigionieri in Emilia - I centri di raccolta per ex prigionieri italiani di Mirandola, Castelfranco Emilia e Go
Fiorenzuola, già sede di un importante ospedale civile, durante la guerra si trasforma in una vera e propria città ospedale, sono infatti ben cinque gli edifici trasformati in ospedali militari: l'ospedale civile, palazzo Lucca, i due palazzi delle scuole elementari e l'asilo infantile. Tranne l'ospedale civile già esistente, questi edifici vennero adibiti a strutture sanitarie nel maggio 1917; questo avvenne quando il direttore degli Ospedali militari della Divisione di Piacenza Col. Dott. Scipione Rinaldi si accorse che il solo ospedale civile non era in grado di sostenere l'elevato numero di malati e feriti. Il dott. Rinaldi decise così di allargare agli altri edifici all'ospedale militare e ci riuscì con il valido aiuto del Genio Militare che portò a compimento i progetti.
Ospedale Civile
L'ospedale "La Provvidenza", che aveva già un secolo e mezzo di vita, accoglieva i feriti di guerra. In parte le ampie sale del primo piano erano state messe a nuovo e sistemate secondo i criteri della sanità militare per accogliere i soldati durante la guerra. Le camerate potevano accogliere oltre 150 degenti. Era presente anche un reparto per gli ufficiali. Tutti i servizi sono efficienti, dalla camera operatoria alla cucina e ai bagni; è presente corrente elettrica in ogni ambiente e sono diffusi i rubinetti di acqua potabile, il riscaldamento è a termosifone. Oltre agli uffici dell'amministrazione, era presente l'alloggio delle suore di sant'Anna e una cappellina per le funzioni religiose. Nell'agosto del 1917 venne inaugurato il gabinetto radiologico, di grande importanza sia per i reparti militari che per quelli civili, donato dal sig. Torquato Ravizzi. Annesso all'ospedale c'era anche un laboratorio ben attrezzato per le ricerche batteriologiche e chimico-cliniche. Era infine presente una lavanderia per tutti i reparti. Il capo reparto era il dott. Perinetti Enrico.
Ospedale palazzo Lucca
Il palazzo settecentesco di via Garibaldi e di proprietà della famiglia Lucca, che ospitò nel 1866 Umberto di Savoia, venne trasformato in ospedale nell'aprile-maggio 1917. Il grande palazzo, ornato da affreschi e stucchi in stile barocco, ha tre piani e ampi saloni ben areati; vi potevano essere ricoverati 300 degenti. Era diviso in due parti ognuna delle quali gestita da un medico locale; purtroppo non era consentito ai degenti accedere al bellissimo giardino posteriore di fronte alla stazione ferroviaria, ma solo a due semplici cortili. Presso il palazzo c'erano magazzini, guardaroba, spogliatoio, vestizione e disinfezione personale. Era inoltre presente una cucina che serviva anche gli altri reparti tranne quelli dell'ospedale civile. L'impianto di disinfezione era costituito da una stufa a vapore tipo "De Franceschi" e da una camera a sviluppo di gas. I capi reparto erano i dottori Braibanti Ferruccio, Cap. medico Gandolfi Decio, Finzi Mario e Dalla Torre Pietro.
Ospedale "Le Scuole"
Erano due edifici grandi e moderni, in mezzo ad un giardino a sud della città, adibiti a scuole elementari. Nell'aprile-maggio 1917 vennero trasformati in ospedali, con un reparto per edificio. Le aule divennero corsie arredate di letti, erano presenti l'illuminazione elettrica e il riscaldamento a termosifone. La capacità dei reparti era di 200 ricoverati. Il capo reparto era il dott. Gelati Pietro.
Ospedale Asilo Infantile
Anche nell'asilo infantile, che ha ancora le caratteristiche di un chiostro, vennero ospitati i feriti e i malati. Le sale a loro dedicate vennero sistemate in modo moderno nel maggio 1917 e potevano ospitare 100 letti. I capi reparto erano i dott. Capitani Medici Vassallo Arturo e Galliani Luigi.
Le suore e le samaritane
In questi ospedali svolsero un importante servizio le signore Dame Samaritane del luogo aderenti alla scuola di Piacenza sotto la direzione della signora Irma Anguissola. Hanno prestato servizio le signorine Barnbareschi Virginia, Bavagnoli Piacenza Teresa, Concari Elina, Dodi Virginia, Dosi Carolina, Gelati Dina, Pogliaga Prati Silvia, Ranza Casella Maria, Ravazzi Elide.
Prestarono inoltre umile servizio le suore "Figlie di Sant'Anna" in tutti i reparti, alla cucina, guardaroba, lavanderia, ecc. La superiora era suor Teodorica Maccari.
Ufficio notizie e visitatrici
Le Dame Visitatrici si recavano a turno dai soldati sofferenti portando carte e buste, si occupavano di scrivere e ritirare lettere, cercavano le famiglie scambiando notizie e confortavano i malati e i feriti. Ne era la presidente la Sig. Bavagnoli Piacenza Teresa e le visitatrici erano: Callori Dina, Cerioli Giuseppina, Corinaldi Ravà Bice, Dodi Virginia, Gavazzi Zoe, Maccagli Alovisi Virginia, Silvotti Masini Irma, Pastorini Maria, Silva Maria ved. Ferri, Maccagni Ada, Merli Giuseppina, Muggia Rosina, Ventrelli Avogadri Elisa, Vespasiani Lodovica.
Il direttore e il personale medico
Il direttore degli ospedali era il Maggiore medico Prof. Dott. Giuseppe Gardenghi dell'università di Parma, già dall'apertura degli stabilimenti nel maggio 1917 e ne operò il completamento degli allestimenti. Fu sostituito successivamente dal Maggiore medico Dott. Ferrario e a sua volta dal Capitano assimilato Perinetti Dott. Enrico che ne continuarono l'opera.
Il Maggiore medico Ligabue Prof. Dott. Pietro era il chirurgo.
I farmacisti furono i Tenenti Bonatti dott. Agostino, Testori Ezio, Bonsembiante Garibaldo.
Il cappellano Don Silvio Pizzorni dei Frati Minori.
l profughi
ll Prof. Arch. Luigi Dodi (1900-1983) ricordava che il 30 maggio 1916 sono giunti a Fiorenzuola d’Arda, alle 21,00, con apposito treno, 300 profughi provenienti da Castel Tesino che vennero ospitati nella città. Il 03 novembre 1918 i profughi, compresi alcuni vicentini, lasciarono Fiorenzuola per tornare alle loro case.
Caserma del 61° Fanteria, Brigata Sicilia, con sede a Parma
Altre strutture
Ci sono testimonianze che a Fiorenzuola c'erano edifici per ospitare prigionieri, comando truppe territoriali, magazzini viveri ed altro ancora.
Bibliografia
AA.VV. – Gli ospedali militari di Piacenza dalla dichiarazione di guerra all’armistizio
Comunicazione del Tenente medico: “Cortemaggiore 16 Agosto 1917. Stamane alle ore 9 circa mi recavo nella camerata della 9a Compagnia del 65° Fanteria qui vi Distaccato, per visitare il soldato R. A. che si era fermato in letto perché si diceva ammalato. Chiestogli che cosa si sentisse mi rispondeva ‘nulla’ alché dissi che non era quello il modo di disturbare il medico quando non sé ne’aveva bisogno, per cui avrei dovuto proporgli al Comandante di Compagnia una punizione. Egli allora balzò dal letto e afferrato per la canna un fucile stava per avventarsi su di me, quando il Cap. Maggiore F. A. con un salto gli fu addosso e stringendolo cercava di disarmarlo. Accorse in aiuto il Cap. Maggiore dell’Infermeria F. G. ed io, lo riducemmo all’impotenza. (…) Durante il fatto il soldato R. aveva gli occhi sbarrati e la respirazione accelerata, dando impressione di trovarsi in stato di eccitazione maniaca. Disposi per l’immediata chiusura in camera di sicurezza e, essendo un individuo pericoloso, propongo il sollecito invio del suddetto soldato al Manicomio di Cremona”.
Comunicazione del Comandante la 9a Compagnia al Comando del Deposito 65° Fanteri, Cremona: “Oggetto: Rapporto circa il soldato R. A. Cortemaggiore 16 Agosto 1917. (…) Quest’oggi (…) fui avvertito che il soldato R. A. di fu Giovanni e di M. Maria, della classe 1880, del Distretto Militare di Voghera, che trovasi in camerata perché datosi ammalato al mattino, era inveito contro il Tenente Medico, come ne fa fede l’unita sua dichiarazione, mi recai in camera di sicurezza a visitarlo e al contempo interrogarlo. Lo trovai calmissimo, e con mente lucidissima, al mio entrare, si alzò subito in piedi mettendosi anche rispettosamente sull’attenti. Ho notato però avesse ancora gli occhi un poco stravolti. Interrogatolo in proposito, mi rispose chiaramente quanto segue: ‘Signor Tenente, sono molto dispiaciuto di quanto è successo, ma creda non è colpa mia, sono malato, e spesso, fin dalla nascita vado soggetto, anche per un nonnulla a questi accessi di furore. Mi assale un forte dolore di testa, mi si oscura la vista tanto da non vederci più; mi sento smarrire la ragione e in quei momenti divento bestiale, avessi davanti anche mio padre, se nessuno mi trattenesse lo ucciderei. Per questo non ho mai potuto essere impiegato, ho dovuto sempre aggiustarmi da solo, non potendo assolutamente tollerare la sottomissione. Tengo al Manicomio un fratello e una sorella Signor Tenente; non è che non voglia fare il soldato, soltanto che prima voglio essere curato, o meglio che continuino a darmi la medicina che mi faceva prendere il farmacista Arcangeli prima di venire sotto alle armi, la quale sentivo che mi faceva molto bene eche ora, soldato, non ho più la possibilità di comperare’. E’ convinzione dello scrivente che il soldato in parola sia veramente un poco squilibrato, poiché, benché sia la prima volta che trascenda ad atti simili però durante la sua permanenza in Compagnia, più volte ha dimostrato di essere assai incoerente, sia nei fatti che nei ragionamenti”.
06 settembre 1917, Riassunto Anamnestico e Diagnosi: “Presenta intelligenza limitata, particolarmente per ciò che riguarda i poteri critici e inibitori; ma è perfettamente lucido e orientato, non ha nessun disturbo psico-sensoriale né ideativi, né altri sintomi d’alienazione mentale. Dichiara di sentirsi refrattario al servizio militare e questo spiega evidentemente come si sia lasciato trascinare agli atti di violenza per cui fu condotto in Manicomio. Agli effetti dell’art 2 della ‘Legge sui Manicomi’ dichiaro che il ricoverato suddetto non è stato riconosciuto affetto da malattia mentale (…)”.
Cortemaggiore, lì 6 febbraio 1916 (cartolina postale) Carissimi genitori, …… Quando sono partito da Piacenza vi ho mandato una cartolina e quando sono rivato qui vi ho mandato un bilieto e non ho più avuto risposta. Vi saluto caramente… Questo il mio indirizzo: Caporale Bellò Luigi 207° Regg. Fanteria 3^ Compagnia Distaccamento Cortemaggiore Prov. di Piacenza. Cortemaggiore, lì 12 febbraio 1916 (biglietto a mano, via fidanzata) Carissima mamma, …… Mi avete chiesto quanto tempo rimango qui; di sicuro tutto questo mese e poi si può partire da ogni giorno, ma scrivetemi sempre col solito indirizzo… …… Vostro figlio Luigi.
Cortemaggiore, lì 28 febbraio 1916 Mamma carissima, …… Mi avete chiesto cara mamma quanto tempo che starò qui ancora; ora siamo in attesa di partenza; si può partire da ogni momento. Dunque appena ricevete questa mia fate il favore di mandarmi un po’ di denaro se potete, che almeno avere un po’ di denaro per viaggio. Ho ricevuto la lettera del fratello Angelo; lui sta bene… Speriamo che le cose le vada bene… Vostro figlio Luigi.
Cortemaggiore, lì 10 marzo 1916 Carissima mamma, ho un po’ tardato a scrivervi siccome che ora sono caporale di cucina e ho molto da lavorare che quasi non ho nemmeno il tempo da scrivere, ma non importa al lavoro ma almeno quando vado al fronte non farò più la vita della trincea, starò anche lontano dalle fucilate, basta che rimne in cucina. Rimasi mortificato del triste annunzio che mi avete dato della morte del povero arciprete (1). Da qui, da Cortemaggiore partiamo il giorno 16 e andiamo a fare il campo vicino Piacenza. Si farà 10 giorni di campo e poi si andrà al fronte (2) . Quando ho ricevuto il denaro vi ho spedito una cartolina… …… Vostro figlio Luigi.
1) Il sabato 4 marzo 1916 era morto l’arciprete don Giacomo Cherubin, a Solagna dal 1894. 2) Si trattava di esercitazioni specifiche per i successivi assalti da sostenere al fronte.
Cortemaggiore, lì 16 marzo 1916 (biglietto a mano, via fidanzata) Carissima mamma, …… Vi fo’ noto che io sono rimasto e il battaglione è partito questa mattina e il giorno 21 ritorna ancora qui e il giorno 24, a ciò che si sente, si parte per il fronte e questa volta sembra che si vada lontano, in Albania. … …… Vostro figlio Luigi.
Cortemaggiore, lì 22 marzo 1916 (cartolina postale al fratello Antonio ancora a casa) Carissimo fratello, oggi stesso ricevetti la tua tanto desiderata lettera. La colsi benvolentieri al sentire vi trovate tutti in buona salute così è anche di me. Quando avevo ricevuto l’ultimo valia ti avevo schrito subito. Il giorno ventiquattro sarà il giorno della partenza ma scrivete lo stesso col solito indirizzo che la posta mi segue sempre. Ti saluto caramente, saluto i genitori e le sorelle, tutti i parenti e amici e tutti chi dimanda di me. Tuo fratello Luigi.